Il grande pannello murale in piazza Isidoro Cagnola raffigura l’episodio della sosta di Renzo Tramaglino in una osteria di Gorgonzola, la sera del 12 novembre 1628, descritta nel cap. XVI dei Promessi Sposi. Lo ha realizzato il M° Mario Grandi, ispirandosi liberamente a una delle tre incisioni che Francesco Gonin, illustratore dell' edizione del 1840 del romanzo manzoniano, ha dedicato all'episodio ambientato anella nostra città.
L’opera, commissionata da Concordiola, è stata realizzata grazie al contributo di Città di Gorgonzola, Ecomuseo Martesana e di alcuni privati cittadini allo scopo di celebrare in maniera non effimera il 150esimo della morte di Alessandro Manzoni. Lo scrittore frequentava abitualmente la Martesana, essendo molto legato allo zio materno Giulio Beccaria, che risiedeva nella villa di Gessate, mentre la famiglia del padre Pietro Manzoni aveva vasti possedimenti a Pozzuolo, da lui poi ereditati.
I PROMESSI SPOSI E GORGONZOLA.
IL FALSO PROBLEMA DELL’OSTERIA DI RENZO.
A 150 anni dalla morte di Manzoni, un pannello fatto realizzare dall’associazione culturale Concordiola, ricorda la sosta di Renzo in un’osteria della nostra città
Il titolo potrebbe suonare provocatorio. Da sempre i lettori cercano di identificare personaggi, di riconoscere luoghi, nella speranza e anche nella curiosità di trovare riscontri con la realtà.
Ma si dimenticano che un testo letterario non è una guida Baedeker e che gli autori sottopongono le loro descrizioni ad un filtro, il filtro letterario: sul reale si sovrappone la suggestione di un ricordo o il reale viene trasfigurato in una dimensione simbolica.
Ci chiediamo allora se Manzoni avesse in mente una precisa osteria quando fa arrivare Renzo a Gorgonzola. Voleva, cioè, che i suoi lettori potessero individuarla? E dove stava questo locale ? E’ la vecchia Trattoria dei Frati, oggi non più esistente, che prospettava sull’attuale Piazza Cagnola? C’è anche una tradizione popolare che identifica il locale manzoniano con una trattoria sita in via Serbelloni, davanti al vecchio lavatoio, ricordata come l’osteria della Ghita.
Manzoni conosceva Gorgonzola, ci passava quando si recava a Gessate dallo zio Beccaria o a Pozzuolo Martesana dove possedeva il podere “Pozzolo”.
Non va tuttavia dimenticato che Manzoni conosceva la Gorgonzola del suo tempo, quella dei primi dell’Ottocento e non quella del Seicento, dove peraltro la ricordata osteria dei frati non poteva esistere, visto che, come afferma il toponimo, in quel luogo sorgeva un convento dei Serviti, probabilmente soppresso a fine Settecento. L’osteria dei Frati fu aperta in questa area solo nel 1927 .
Si può allora affermare che Manzoni cita Gorgonzola perché è un luogo che conosceva bene; con lo stesso intento ha citato Pescarenico, Monza , la Corsia dei Servi e il Cordusio in Milano. Quando però l’invenzione narrativa sovrasta la ricostruzione accurata del contesto storico, ricorre agli omissis e agli asterischi.
Perché mai sente il bisogno di informarci che, dove un tempo al Carrobbio sorgeva la casa dei presunti untori, si innalza la famosa colonna infame, e non ci rivela invece il nome dei paese di Renzo e Lucia? Non è forse perché il primo è una dato storico mentre i suoi personaggi sono frutto di invenzione? Perché ci dà le miglia percorse dal protagonista ma non lo fa attraversare il naviglio Martesana, passaggio obbligato per chi proviene da Liscate? La rappresentazione dello spazio non mai è pura descrizione o documentazione, semplice sfondo delle vicende, ma comunica idee e nasconde simboli.
L’osteria, infatti, è uno spazio simbolico. Nel romanzo sono presenti tre osterie: una nel paese dei due promessi, la seconda a Milano (l’unica identificata con un nome, Osteria della Luna Piena) e infine quella di Gorgonzola. C‘è anche una piccola osteria di campagna, un luogo di ristoro, dove il protagonista apprende, per la prima volta, il nome della nostra città.
Le prime due sono spazio di un inganno di cui Renzo è prima artefice (organizzazione del matrimonio a sorpresa) e poi vittima, del presunto Ambrogio Fusella, fino all’arresto la mattina del 12 Novembre. L’osteria è perciò il regno dell’imbroglio, della finzione, della parola falsa. L’osteria di Gorgonzola diventa invece lo spazio del riscatto che anticipa la “redenzione” del protagonista.
In pochi giorni, Renzo ha a che fare con tre osti, sui quali Manzoni si sofferma con finissima analisi psicologica: l’oste del suo paese sta dalla parte del più forte e dirà tutto ai bravi; quello della Luna Piena è abituato a muoversi tra gli sbirri; l’ultimo, il gorgonzolese, è soprattutto curioso, insinuante e malevolo. “Maledetti gli osti…” esclamerà tra sé Renzo sotto il suo sguardo indagatore.
Nell’osteria di Gorgonzola, il protagonista è però un uomo “nuovo”: si siede al posto “dei vergognosi”, non più a capo della tavola come a Milano dove era entrato con l’aria da spaccone, evita di dare nell’occhio, riflette accuratamente sulle risposte da dare… . L’uomo che esce dall’osteria è finalmente sicurò di sé “andò diritto all’uscio”.
Nel suo percorso di formazione, Renzo cresce in consapevolezza: sconvolto da quello che sente raccontare dal mercante milanese, se ne va in silenzio e riprende la via; ha superato una prova difficile, cosciente che i fatti che lo hanno travolto, avrebbero potuto perderlo. Il cammino che riprende è il cammino verso la salvezza, rappresentata dall’Adda. La voce del fiume si fa sentire proprio mentre il giovane si sta arrendendo alla stanchezza fisica e al tormento interiore, “fu il ritrovamento d’un amico, d’un fratello, d’un salvatore” : Renzo rinasce così a una nuova vita.
Il fatto di non poter identificare l’osteria di Gorgonzola e di localizzarla con precisione non toglie quindi nulla alla potente scena creata da Manzoni e all’onore di essere citati nei Promessi Sposi.
Perciò ci piace pensare che, mentre Manzoni percorreva in carrozza il territorio della Martesana, il suo sguardo indugiasse con interesse su alcuni punti del paesaggio che rielaborati dalla sua fantasia e dalla sua creatività si sono trasformati all’interno del romanzo in quegli episodi che i suoi “venticinque” lettori non hanno più dimenticato.
Anna Meroni per Concordiola
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